GLI SPIRITI DEI POLI

Testo: Elia Zupelli
Foto: Davide Sartori
Layout: Elena Bezzi, Martina Calzi

Visita fantasmatica alle Distillerie Poli di Schiavon, poco fuori Vicenza, nei cui spazi s’affollano “presenze” mosse da un sentimento d’amore. Dal 1898 a oggi, da Giobatta all’attuale titolare e deus ex machina Jacopo, fedeli alla linea del Sapere-Sapare-Sapore, la storia della famiglia Poli è la storia di molte famiglie venete, convinte che solo radici profondamente inserite nel territorio possono dare un frutto etereo come la Grappa. Elevata, generazione dopo generazione, da semplice scaldabudella a sublime piacere della vita. Sorseggiare per credere!

 Esoterica da meditazione. Per un fine pasto altamente suggestivo e suggestionabile, ma anche per una colazione rinforzata e metafisica come si usa da queste parti, magari aggiunta a un tazzone di latte così da propiziare innocenti evasioni fin dal primo mattino. Viva la grappa! In tutte le sue molteplici, infinite possibilità di degustazione e fruizione, che alle Distillerie Poli di Schiavon – dove da oltre un secolo sono autentici cultori della materia – assume sfumature mistiche, ectoplasmatiche quasi, per via del peso specifico di una storia famigliare tanto viva, vivida e ancora oggi palpabile, i cui riverberi continuano a manifestarsi più o meno esplicitamente scorrendo una via l’altra le sale dello stabilimento, tra contatti ravvicinati, fugaci apparizioni e raminghe bevute. Non a caso, sottolineando una certa assonanza in vena poetica, sul tema si è espresso anche il docente, storico, giornalista ed esegeta del profondo Est Giordano Dellai, evocando i versi di sua eminenza Ugo Foscolo: “Sol chi non lascia eredità d’affetti / poca gioia ha dell’urna“. In altre parole, le sue appunto: “Solo chi non lascia un ricordo di sé tale da essere rimpianto non prova gioia al pensiero che una tomba alla sua morte ne conservi religiosamente i resti e costituisca motivo di unione familiare”. Ancora: “Pur cogliendo l’essenza del monito di Foscolo, occorre aggiungere che non è solo la tomba nella sua fisicità a richiamare sentimenti di sano e costruttivo spirito di consanguineità o, per citare ancora una volta i Sepolcri foscoliani, a creare quella corrispondenza d’amorosi sensi che celeste dote è negli umani…Anche la conoscenza della vita dei nostri avi, la consapevolezza delle loro mille vicissitudini alla luce degli scarni dati documentari, la considerazione della loro coraggiosa quotidianità pur nella diffusa precarietà esistenziale, sono elementi trainanti per un ulteriore sempre gradito rinsaldamento degli affetti”.

Nello specifico fondati e rinsaldati sulle “tre S” di Sapere, Sapare, Sapore – principi guida della famiglia Poli, grappaioli artigiani dal 1898 -, messi in moto attraverso cinque alambicchi a ciclo discontinuo per la distillazione artigianale, dodici caldaie a vapore e quattro a bagnomaria, a rinvigorire giorno dopo giorno quella “tipicamente umana volontà di voltarsi indietro a guardare il passato di sé e della propria famiglia, dopo avere per anni cavalcato il futuro nello sforzo, ampiamente ripagato dai risultati, di dare alla propria azienda produttrice di Grappe sopraffine un’ammantata di modernità”. L’attuale titolare e deus ex machina Jacopo Poli, presenza costante nella distilleria, a suo modo “un’entità”, approfondisce il concetto: “Per realizzare qualsiasi progetto si deve partire da un’idea (il sapere), poi bisogna lavorare (sapare, zappare in dialetto veneto) e infine si arriva al risultato (il sapore). Il primo a metter in pratica questa filosofia di vita fu il mio bisnonno GioBatta che nel 1885 trasferì la sua attività di rivendita di vino e cappelli di paglia dalla Pedemontana alla pianura, per beneficiare della nuova linea ferroviaria che avrebbe collegato Vicenza a Bassano del Grappa. La Vaca Mora, come veniva soprannominato il treno a vapore, avrebbe sostato proprio davanti alla sua osteria ‘Al cappello’, a Schiavon, dove siamo ancora oggi. GioBatta ampliò la sua attività, dotandosi di un alambicco mobile con cui andava di fattoria in fattoria per distillare vinacce ancora grondanti. Una parte della Grappa così ottenuta serviva a pagare la materia prima mentre il resto veniva venduto in osteria. Con il ricavato installò un impianto fisso, composto da tre caldaiette a vapore, e fondò le Distillerie Poli”. Il resto è storia in corso d’opera: “Ancora oggi, dopo più di 100 anni, io e i miei fratelli Barbara e Andrea distilliamo con lo stesso alambicco, preservando la memoria di chi c’è stato prima di noi, ma guardando al futuro. È necessario evolversi, senza mai dimenticare chi siamo. Tenendo salda questa convinzione, che mi ha sempre fatto da guida, ho deciso di fondare nel 1993, insieme a mia moglie Cristina, il primo Museo della Grappa in Italia, nel cuore della città della Grappa per definizione, Bassano del Grappa. Volevo uno spazio dove diffondere la cultura di questo distillato che tanto aveva dato alla mia famiglia, per troppo tempo appannato da vecchi stereotipi; era giunto il momento di elevare la Grappa da semplice ‘scaldabudella’ a sublime piacere della vita”.

Con una media di 150.000 visitatori all’anno, il Poli Museo della Grappa si colloca tra i musei d’impresa più visitati d’Italia e vanta specificità come la “Grappateca”, la più ampia collezione di grappe esistente, composta da circa 2.000 bottiglie provenienti da circa 500 distillerie, molte delle quali oggi scomparse. “L’accoglienza è diventata nel tempo un valore portante per la Poli, tanto da spingermi ad aprire nel 2011 una seconda sede museale a Schiavon, a fianco della distilleria, per offrire un percorso completo ai nostri ospiti. I visitatori possono godere di una esperienza immersiva, che ha sempre origine dal sapere, ammirando in principio la ‘biblioteca dello spirito’ conservata in ,useo, per passare poi ai locali produttivi (il sapare) e che si conclude con il sapore, ovvero degustando i prodotti Poli”. La cui gamma oltre alle formidabili grappe – dalla Solera alla Sarpa Oro, dall’Amorosa di Settembre alla Cleopatra Moscato Oro, passando per morbide, aromatiche e barricate -, annovera anche infusioni (tra cui l’iconica “Taiadèa”), distillati, creme, liquori altrettanto iconici e dai nomi pittoreschi come l’Airone Rosso o la Vaca Mora (in omaggio al treno a vapore di cui sopra), elisir, vermouth creme e persino gin e whisky (il “Segretario di Stato” è un’ode al coraggio!). “Qualcosa di buono forse l’abbiamo fatto, se la prestigiosa guida di viaggi Lonely Planet ha scelto la Poli fra le dieci distillerie al mondo che meritano di essere visitate, siamo onorati di essere l’unica italiana” brinda Jacopo da buon vicentino. “Molti mi chiedono il segreto della nostra attività, io rispondo sempre che alle Poli Distillerie non abbiamo ricette segrete, ma un ingrediente difficilmente replicabile: l’amore. L’amore che la mia famiglia ha coltivato per quattro generazioni, che io cerco di instillare a mio figlio Giobatta, al fine di valorizzare il distillato simbolo del territorio, che fa parte della storia di tutti noi”.