Testo: Beatrice Trainini
Layout: Mathias Pucciarelli,
Chiara Rettore
Fotografia: Andrea Colavizza,
Davide Sartori, Irene Chioetto
La Natura è l’unica regola che convenga davvero seguire. Questo secondo Michele Loda, che da 22 anni gestisce l’azienda agricola “Il Pendio”. Fuori dal Consorzio Franciacorta e “Contestatore” della logica che le altre cantine hanno scelto di seguire, ci propone il suo metodo, frutto della consapevolezza che il rispetto e il silenzio siano alla base del rapporto con la sua terra.
Ricetta per la vigna perfetta?
1 ettaro di uliveto, 1 ettaro di bosco, 3 ettari di vigneto e una quantità “Pas Dosé” di pazienza e rispetto. Ci troviamo a Monticelli Brusati, a 380 metri di altitudine (450 nel punto più alto) quindi “tra i trasformatori (quelli che trasformano l’uva in vino) sono i più alti. Qui è nata la viticoltura in Franciacorta. Dagli anni 60 i vitigni sono cambiati. Sono arrivate le Bollicine, è esplosa la spumantizzazione e tramite l’appoggio di molte famiglie abbienti che hanno iniziato a investire in questa situazione, in pochi anni è nato il consorzio.
Michele Loda è un artigiano che ha scelto di non entrare nel consorzio e di fare DOC e DOCG da fuori. “non giudico il fatto che abbiano modi diversi dai miei, però bisognerebbe dare il giusto valore ai terreni che si lavorano. Ho detto che sarei entrato in consorzio nel momento in cui tutti i terreni sarebbero stati “zonati” (catalogati secondo un carotaggio, in base alle analisi del terreno, come fanno in tutti i grandi paesi in cui il vino è diventato una cosa importante.)”
“Qui ci sono gli interessi per non fare così. Puoi respingere questa situazione fino ad un certo punto grazie ad una serie di prese di posizione esterne, come la consapevolezza degli italiani che si stanno avvicinando al modo francese di bere, che sta nella cultura, non nella sbronza. Il punto è che il prodotto vino dovrebbe crescere in qualità e non in quantità.”
“Certe cose non le puoi portare in grande distribuzione. In ogni paesino della Francia trovi una Fromagerié. Non ci andiamo neanche vicino, per come tutto è concepito. E andremo sempre peggiorando nel prossimo futuro. La stessa cosa vale per il vino, per le carni…”
Non pensa ci sia modo di recuperare questa cosa?
Da recuperare no, c’è solo da rispondere a tono a gente che detta delle regole tramite la sua ignoranza. Ho chiesto a dei produttori francesi “Come fate voi ad avere queste cantine con tutti i dettami nuovi dell’unione europea. Anche io sto andando avanti rischiando con cose che non posso più fare”. Loro rispondono “A noi non interessa, anzi, se incontri qualcuno della commissione, mandalo qua, che se hanno bisogno di sapere come si fa a fare il vino noi qui in Borgogna glielo spieghiamo. Poi, se vogliono, potranno fare le loro regole. Ma noi a queste regole, non ci stiamo.” Quindi è imporsi, loro hanno detto “no”.
Tu fai questo lavoro da sempre?
Io faccio questo lavoro da 22 anni a tempo pieno. Prima ho fatto giurisprudenza, sono stato negli Stati Uniti, ho lavorato per un acciaieria. Poi ho smesso, volevo dedicarmi alla mia passione. Cercavo un luogo a misura d’uomo. La degustazione mi ha avvicinato alla cultura del vino, più che il farlo. Ora però è raro trovare le situazioni che c’erano quando ho iniziato, un appassionato fa fatica ad avere un accesso in una cantina. È un momento di cambiamento, gli ultimi 12 anni lo sono stato. Sta cambiando anche il nostro modo di essere, il nostro approccio, la nostra testa.
Un po’ perchè le stagioni quando arrivano sono difficilissime. Arrivano due mesi di pioggia e una settimana di sole, poi un vento fortissimo che ti crea le crepe nella terra. Qualcosa è cambiato, e dobbiamo metterci lì a tamponare questo problema. E io ho trovato delle soluzioni arginando quelle imposte da altri. Abbiamo le uve bianche e il sole troppo forte? Lasciamo crescere le foglie dove batte il sole, le possiamo tagliare a nord. E anche se molti te la buttano sul sentimento romantico, si dimenticano di far soffrire le piante. Tutto questo è un divenire, un navigare a vista.
Ti confronti con altri o ti fai venire delle idee, trovi delle soluzioni per te?
Io ho iniziato una ventina d’anni fa con il bio e non c’era nulla, non c’erano disciplinari. Eravamo una ventina lungo l’Italia a fare queste prove e ci sentivamo l’uno con l’altro. Tutt’ora esiste questo scambio, però ogni vigna ha il suo. La mia vigna non soffre molto di umidità, però ha piovuto tanto in tutta Italia. Ho altri problemi, con l’oìdio per esempio, quindi se qualcuno ha problemi con quello chiede a me, così come io per altro so di poter chiedere a loro. Non c’è teoria che tenga, o che ti dica “devi fare così”.
Certo, è un rapporto continuo con la natura e col cambiamento.
Bravissimo, lì ti adegui, è lei che comanda. Senti delle storture in radio, in televisione “la natura bisogna adeguarla”. Se la natura si rompe seriamente… io non posso fare nulla. Per cui: rispetto e silenzio. Facciamo ciò che dobbiamo fare e quando arrivano le salassate cerchiamo di tamponare il “dopo salassata”. Sono dieci anni che faccio la metà di quello che facevo prima. E non mi aspetto che la natura cambi. C’è un bel da fare per quello.”
Dei 3 ettari dedicati al vigneto di proprietà di Michele, la produzione concentra il pinot nero in zona sud, pinot bianco di 40 anni a sud est, e lo chardonnay nella parte del vigneto più vicina alla cantina, dove viene prodotto “Il Contestatore”, firma di quello che alcuni definiscono “l’omonimo” produttore. E dato che anche se non si fa parte del consorzio, si può comunque parlare di franciacorta, anche i produttori si sono adeguati al “Vino spumante di alta qualità”.
È diventata più importante la comunicazione che il prodotto stesso. Ma non critico la comunicazione in sé. Critico la comunicazione di gente che il prodotto l’ha lasciato perdere. Quella di gente che fotografa il piatto senza sapere che cosa ha appena mangiato”.
E, come ci dicevamo in apertura, è tutta una questione di mentalità.
“I francesi non hanno una mentalità ideologica, sono persone che vogliono risolvere i problema. Anche in Francia i cambiamenti si fanno, ma sostenuti dalle istituzioni, università, laboratori di microbiologia, il consorzio. Bisogna bere, assaggiare i vini! Ormai i produttori non sono curiosi e non sanno confrontare i vini, quando vanno nei ristoranti ordinano i loro stessi vini. Io le degustazioni le organizzo con i tecnici, agronomi, enologhi. Tutti condividono con gli altri una bottiglia.
In questa situazione anche tu hai un lato romantico.
Continuo a fare le stesse cose, nella speranza di farle meglio. E in tutto ciò la pazienza è fondamentale, per tutti i passaggi c’è bisogno di tempo. La metà delle mie lavorazioni sono state segate dalle altre cantine. Sono molto rischiose e costose. Puoi fare molto meglio in altri modi. Io mi sono adeguato allo spazio che avevo. Abituandomi anche così, ed è faticoso. È una questione importante, per il mantenimento della manualità, dato che le macchine stanno sostituendo certe mansioni. E tutto questo in realtà, mi rende contento.
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