Testo: Elia Zupelli
Foto: Irene Chioetto
Layout: Beatrice Trainini
Nella tana di Marco Buvoli, vigneron da sogno: adagiato nel placido incedere dei colli Berici, il suo Opificio del Pinot Nero è una chicca che vale il viaggio. Tutto comincia dalla terra, in perenne ebbrezza bucolica. Il resto è anima, passione, dedizione. Follia dell’arte: “Fare ciò che piace e farlo bene, perché tutto ciò si trasmette al vino: un’avventura affascinante”.
Docili e verdeggianti pendenze, rilievi che non s’affannano. Nel placido incedere dei colli Berici, in una semi dispersa località che formalmente appartiene al Comune di Gambugliano ma di fatto orbita in solitaria concedendo una vista da favola, Marco Buvoli ha fatto in modo che il vino gli cambiasse la vita: l’Opificio del Pinot Nero è la sua creatura d’elezione, plasmata attorno a una passione sconfinatamente fuori dall’ordinario, fedele alla linea del “Fare ciò che piace e farlo bene, nella convinzione che tutto questo si trasmetta al vino: un’avventura affascinante…”. Profonda, radicale, poetica. Non a caso ama evocare Henry James, elevandone le parole a manifesto programmatico di un viaggio intrapreso ormai quasi trent’anni fa e tuttora vivo e fremente, in perenne ebbrezza bucolica: “Noi lavoriamo nelle tenebre, facciamo quello che possiamo, diamo quello che abbiamo. Il dubbio è la nostra passione e la passione è il nostro compito. Il resto è la follia dell’arte”. Da cui scaturiscono vini che egli stesso definisce “unici, senza compromessi, bollicine in puro metodo classico. Lavorazioni artigianali sia in vigna che in cantina per risultati lontani da qualsiasi omologazione del gusto. Perfette per brindare in compagnia e per accompagnare un pasto completo o per darvi emozioni che sinora non immaginavate nemmeno”.
Tutto comincia dalla terra. Ma prima ancora da una fatidica domanda: “Spumanti giovani e buoni ce ne sono tantissimi: perché farne un altro? Io sono un fondista, mi piace la gara lunga, la prova del tempo…”. Correva l’anno 1997, una sera d’inverno: “Mentre seduto di fronte al camino bevevo – assaporandone ogni sorso – un vecchio Champagne blanc de noirs acquistato in Francia durante uno dei miei numerosi pellegrinaggi vinicoli, decisi di onorare quell’uva meravigliosa che si chiama Pinot Nero, e che anch’io volevo creare bollicine importanti e complesse, che non si fermassero alla bocca ma che arrivassero prima al cervello, e da lì, dritte al cuore” rievoca Buvoli tra uno sguardo in cantina (“Shhhh… vino in affinamento!”) e un bicchiere inevitabile. “Ed è appunto da quella sera che decisi di dedicare a cantina una parte della casa sui colli vicentini per poter lavorare a vini che trovassero un loro posto nelle collezioni degli appassionati. Ovviamente non poteva mancare la vinificazione in rosso che mi ha portato a ricercare una mia interpretazione, rispettosa del nostro terroir e della mia personalità, anno dopo anno, vendemmia dopo vendemmia. Credo che con una buona materia prima, la vinificazione sia un processo naturale e che il compito del produttore sia solo quello di accompagnare il vino”. Nel caso dell’Opificio e del suo mentore fieramente artigiano – “È vero, sono un autodidatta, un dilettante. Non mi dispiace questo termine. Dilettante è uno che fa le cose che ama” – vale la regola del “piccoli numeri e serie limitate”. Sdraiati sulle colline intorno a Vicenza e Padova, i vigneti inglobano terreni e climi differenti che esaltano le diverse espressioni dell’uva e del terroir.
“Posizione, inclinazione, microclima, suolo e natura: ogni luogo ha le sue peculiarità e noi cerchiamo di assecondarle il più possibile, dall’uva alla bottiglia. Da sempre perseguiamo tecniche di coltivazione di ispirazione biologica e biodinamica, con cura maniacale della pianta e dell’uva, rispettando sempre la natura nella libertà che solo piccole produzioni possono garantire. Solo con un’uva buona e sana possiamo ambire a produrre un grande vino. Pinot Nero vinificato in rosso e soprattutto Spumante Metodo Classico (naso e palato ringraziano). Una sfida complessa. Giacché, dice, “Il Pinot Nero, oltre ad essere una delle varietà più impegnative da coltivare in vigna, è anche un’uva che non perdona l’inesperienza in cantina, pena la produzione di un prodotto mediocre e banale”. Il punto di riferimento di Marco è chiaramente la Francia, ovvero Champagne e Borgogna. Rispetto del suolo, potature severissime, rese molto basse, vendemmia manuale in cassetta solo quando l’uva ha raggiunto la perfetta maturazione aromatica e polifenolica: partito dal garage dietro casa per fare la sua prima vinificazione, Buvoli è arrivato oggi sino alle carte vini della migliore ristorazione italiana. Raccontando una storia, lasciando parlare l’anima per accoglierne e coinvolgerne altre, alla ricerca del miglior Pinot Nero possibile: “La condivisione è utile a confrontarsi e realizzare sempre nuove idee e sperimentazioni…Il vino unisce le persone, le fa conoscere e divertire”.
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