Testo: Elia Zupelli
Fotografie: Fernanda Hernandez, Vitali Negru, Davide Sartori
Layout: BeatriceTrainini, Elena Bezzi
Incontri ravvicinati multiformi nel segno della musica corale: sul fronte bresciano Don Roberto Soldati racconta l’esperienza unificante del Coro di Voci Bianche Santa Cecilia, “che allena alla vita e rende capaci di empatia e generosità”.
“La musica è un meraviglioso stupefacente, a non prenderla troppo sul serio”. Senza formalizzarsi troppo su generi e definizioni, sbriciolando vetuste dicotomie tipo buono-cattivo, sacro-profano, bene-male. “E’ inutile girarci troppo attorno: nell’immaginario collettivo il male è più affascinante del bene e questo è uno dei misteri fondamentali dell’uomo” premette lucidamente Don Roberto Soldani, Maestro di Cappella della Cattedrale di Brescia, coordinatore della Sottocommissione per gli Organi dell’Ufficio per i beni culturali ecclesiastici della Diocesi di Brescia e presidente dell’Associazione Amici della Scuola Diocesana di Musica Santa Cecilia. “Parli ai ragazzi del bene, se va di lusso ti ascoltano…raccontagli di un esorcismo, resteranno ipnotizzati. Rispetto al male evidente, però, mi spaventa di più il ‘che male c’è’. Perché gradualmente fa un buchino nella diga e prima o poi distrugge la persona. Credo che a livello culturale uno dei mali d’oggi sia proprio questo. E credo anche che il male si sconfigga annunciando il bene”. Gli antidoti secondo l’ethos di Don Soldati hanno nomi ben precisi: ritmo, melodia, teoria, armonia, musicologia liturgica. Discipline, percorsi ed esperienze che trovano la loro dimensione aggregante collettiva nel Coro di Voci Bianche Santa Cecilia, di cui dal 2021 è direttore. “L’attività molto variegata e stimolante. I ragazzi partecipano a numerosissime esibizioni, alcune delle quali legate alla programmazione sinfonica dell’Accademia e vengono istruiti su un vasto repertorio, che va dalla tradizione colta a quella popolare, dall’opera al musical”. Manca giusto la techno, ma anche per quella ci si può lavorare.
Nel mentre a fare la differenza è molto altro: “L’esperienza corale allena alla vita e rende capaci di empatia e generosità” sottolinea infatti Don Soldati (1973), folgorato sulla via di Damasco da Francesco Guccini e formatosi musicalmente alla corte del M° Giancarlo Parodi, con il quale ha studiato Organo alla Scuola Diocesana di Musica Santa Cecilia, e di Don Tullio Stefani nell’ambito della musica sacra, per poi conseguire summa cum laude la Licenza in Direzione Corale al Pontificio Istituto di Musica Sacra di Roma (PIMS), sotto la guida del Maestro Walter Marzilli. “Il Coro è una famiglia sempre in divenire in cui si collabora e ci si sostiene. I più grandi aiutano i più piccoli, rispettano i loro tempi e provano la gioia di sentirsi ‘modelli di riferimento’. Ma è anche una famiglia di famiglie, perché un coro di bambini e ragazzi coinvolge necessariamente genitori, fratelli, nonni. Tutti, quindi, e non solo i cantori sono parte del Coro!”. Un percorso didattico e di crescita personale per imparare a cantare insieme, che pone solide basi non solo per valorizzare la propria voce, ma anche per lo studio di uno strumento musicale, “perché la voce è il nostro primo strumento. Chi sa cantare suona meglio e apprende meglio”. Del, resto, prosegue Soldati, “La voce è il nostro naturale strumento musicale. Uno strumento dalle mille potenzialità capace di toccare i cuori, grazie all’unione meravigliosa tra musica e parola. Quella del coro è un’esperienza formativa che coinvolge tutte le dimensioni della persona: corpo, anima, intelligenza. La cura di respirazione, postura, pronuncia, concentrazione e dominio di sé nella ricerca dell’insieme aiuta a sviluppare l’io mentre si cerca il noi. Percorrere in coro la via della bellezza fa crescere nell’amicizia e nella gioia di donare agli altri il frutto del proprio impegno”.
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