CASA GALLO BY CARLO SCARPA: uno spazio di esplorazione sul significato contemporaneo del segno architettonico.

Testo: Elia Zupelli
Foto: Davide Sartori, Irene Chioetto
Layout: Alberto Morandin

Tra fughe prospettiche e spazi vuoti, tra giochi di luce, zone liminali e pezzi iconici del design internazionale, un percorso di matericità e colore attraverso cui rivive il fermento di un’epoca.

Uno spazio di esplorazione sul significato contemporaneo del segno architettonico, entro cui rivive il clima di un’epoca: i divani e la celebre chaise longue disegnati da Le Corbusier, le sedie di Jacobsen, le lampade di Alvar Aalto e Castiglioni, la poltrona di Eames, il divano Bastiano di Tobia Scarpa, persino la portella passavivande disegnata dalla mano felice della signora Ebe, creativa padrona di casa…Situata all’ultimo piano del palazzo Brusarosco–Zaccaria, in pieno centro storico a Vicenza, Casa Gallo fu progettata negli anni Sessanta dall’architetto e designer Carlo Scarpa, per quello che a tutt’oggi rimane il suo unico restauro in città. L’altissima qualità spaziale e la luce naturale sono gli elementi costitutivi di una serie di ambienti che rappresentano un percorso di matericità e colore dal sapore minimalista, delineando una inusuale passeggiata nella forma di un microcosmo urbano: continue fughe prospettiche, l’emozione degli spazi vuoti, il continuum delle stanze senza porte, il gioco di luce che abbaglia le pareti/quinte generando ombre, una “piazza” al centro come spazio-museo un tempo fitto di una quadreria d’arte moderna, le aperture proiettate sulle prospettive esterne sia verso il cielo che verso il giardino per riscoprire l’unità architettonica dell’edificio. Varcata la cui soglia passato, presente e futuro si fondono nelle atmosfere evocate da un progetto che collega in modo inedito due temi particolarmente cari a Scarpa: la residenza e l’allestimento museale. “Nei primi anni Sessanta, l’avvocato vicentino Ettore Gallo acquista l’intero palazzo Brusarosco per trasferirvi studio professionale e residenza familiare” dettaglia Anna Di Meo in “Carlo Scarpa – Mostre e Musei 1944-1976, Case e paesaggi 1972-1978” (Milano, Electa, 2000). “Attraverso l’amico Licisco Magagnato, Gallo entra in contatto con Scarpa, in quegli anni impegnato nel cantiere di Castelvecchio. Sarà lo stesso Ettore Gallo nel 1965 ad assumere la difesa di Scarpa davanti all’autorità giudiziaria di Venezia dopo una denuncia da parte dell’Ordine degli architetti per esercizio abusivo della professione, ottenendo la piena assoluzione. Durante la guerra, palazzo Brusarosco aveva subito ingenti danni a seguito dei bombardamenti, soprattutto all’ultimo piano dove Scarpa progetta l’abitazione della famiglia, trasformando la soffitta in un grande appartamento. I Gallo sono appassionati d’arte e Scarpa progetta una residenza che è anche l’esposizione della loro preziosa collezione di quadri…”.

Il resto è storia (architettonica), al cui simbolico centro l’impianto della casa s’erge come rivisitazione della tipologia tradizionale delle residenze patrizie venete: lo spazio principale è costituito dal grande salone, destinato alla vita ‘sociale’ della famiglia e dove sono esposti i quadri, una sorta di ‘piazza’ (com’era definita dallo stesso Scarpa) chiara e luminosa, contigua agli ambienti, meno illuminati e più raccolti, in cui si svolgeva la vita privata. L’intera casa è tuttavia pervasa da una fluidità di percorsi ottenuta con ricercati allineamenti, l’assenza di porte e la smussatura degli spigoli, che accentuano proprio la continuità degli spazi. “Dalle esperienze museali proviene invece la qualità della luce, naturale, indiretta, la ‘luce diafana’ che aveva catturato nella Gipsoteca di Possagno (1956-57)”, approfondisce ancora il documento. “Il salone è infatti illuminato dall’alto, mentre viene realizzata una parte sporgente del solaio per aumentare la quantità di luce che entra nell’appartamento attraverso il cavedio. Dal Museo di Castelvecchio sono tratti invece i colori usati per i setti che separano il bianco spazio espositivo della casa, esaltato dalla pietra di clausetto del pavimento, dalle stanze private. Al primo piano dove ha sede lo studio professionale di Gallo, Scarpa consolida il solaio del salone principale, inserendo con abilità le putrelle all’interno degli apparati decorativi, lo stesso avviene per il soffitto a travi dell’androne d’ingresso. Sempre al piano terra, nella zona a nord del palazzo, viene previsto un appartamento indipendente che però sarà in seguito destinato ad archivio. Viene ridisegnato il cavedio con l’inserimento di vasche per la raccolta dell’acqua e rimaneggiato il prospetto del palazzo verso il parco, con il rifacimento delle soglie e dei serramenti delle aperture al piano terreno e al secondo piano. Scarpa infine progetta il parco, scegliendo le essenze arboree da piantumare e disegnando l’andamento irregolare del terreno dove inserire anche alcune grandi vasche per pesci e piante acquatiche, in seguito realizzato in modo poco fedele”. Ancora oggi, perdersi e ritrovarsi tra questi incroci di luci, geometrie, zone limbiche e volumi sospesi è un’esperienza catartica consigliata vivamente e disinteressatamente.