testo: Elia Zupelli
Fotografie: C-Jay – Davide Sartori – Davide Miolo
Barozzi Letizia – Giuseppe Regano
Gestualità poetica e arabesque d’altri tempi! Anche trattoria, balera, luogo di spiedi e di Campari, la bocciofila “La Rinascita” a Passirano è l’avamposto di umana resistenza creato da Dario Grassini a sua immagine e somiglianza.
Ex enfant prodige, pluricampione nazionale di raffa e accosto, il “professore” che oggi tramanda i segreti del mestiere riavvolge il nastro della sua storia picaresca con bocciata millimetrica: dagli esordi folgoranti fino al ritorno in cucina, antica tradizione di famiglia, attraverso leggende, rivalità, epiche sfide e grandi abbuffate.
In molti lo conoscono come luogo prediletto per le evasioni gastronomiche del pranzo domenicale, che nel frangente contemplano tra le specialità overdosi di casoncelli burro e salvia, tagliatelle al salmì, carne alla brace e ovviamente sua maestà lo spiedo: dalle sei alle otto ore di cottura, uccellini nei limiti del consentito e altri litri di burro ad irrorare senza parsimonia tanto ben di dio (contorno d’obbligo, polenta fumante). Molti altri privilegiano invece l’unica concessione esotica della casa, fuori carta per non incendiare gli animi dei puristi e su prenotazione per andare incontro alle velleità baleariche dei baldi giovani franciacortini e non solo: Paella di pesce e Sangria a litri, poi tutti in pista nella balera outside. Molti altri ancora, in particolare tra i frequentatori novizi, che rimpinzano il locale almeno quanto il locale rimpinza loro anche il venerdì e il sabato sera, probabilmente non sapranno però che “La Rinascita” di Passirano parallelamente all’attività di rinomata trattoria dove il tempo sembra essersi fermato è anche una bocciofila nell’accezione più letterale e autentica del termine, che ormai da decenni porta avanti a denti stretti – resistendo agli urti della modernità – la tradizione sportiva/convivale legata a questa nobile arte in via d’estinzione “nella quale si lanciano delle sfere rigide in materiale metallico o sintetico, dette appunto bocce, e una sfera dal diametro inferiore, detto pallino oppure boccino”.
Grazie anche e soprattutto alla passione di Dario Grassini, oggi maestro di cerimonia agli spiedi di cui sopra (“quest’estate ho cucinato per 32 ore di fila sensa mai stacàm da custìne e mumbulì”) e anima in sala assieme alla moglie Giovanna, cuoca provetta, ma in anni nemmeno troppo lontano campionissimo nazionale di bocce. Come confermano coppe, medaglie, attestati al valore, ritagli di giornale, premi e altri cimeli di epiche battaglie conservati e oggi esposti come glorioso passepartout dei ricordi felici.
Eccolo dunque il mitico Dario, nel pieno delle sue settanta primavere indossate in gran scioltezza: stazza imponente, baffo sibillino, faccia da buono ma occhio da tigre, durante la golden age della sua attività sportiva agonistica, nel vivo fino al giro di boa del nuovo millennio, ha vinto praticamente tutto quello che si poteva vincere su un campo da bocce e anche di più. I numeri: enfant prodige già a diciassette anni, oltre 500 gare disputate, 37 gare nazionale, 3 titoli italiani, 3 regionali, 6 finali in Emilia, “il regno italiano delle bocce”, e un record pressoché inscalfibile di 56 partite consecutive vinte, sbriciolando gli avversari. “Poi nel 2000 è nata mia figlia e tutto è cambiato, la famiglia e altri impegni personali hanno iniziato ad assorbirmi e via via è diventato sempre più difficile concentrarmi. E la concentrazione nel gioco delle bocce è fondamentale: senza la mente a posto non vai da nessuna parte” sottolinea “il professore” in diretta dal campo della Rinascita, ventisette metri di lunghezza per quattro di larghezza e un’infinita profondità di atmosfere amarcord. “Nel mentre, però, era già successo un altro fatto grave: mi ruppi la schiena, due ernie al disco, diversi anni fermo, poi ripresi…Prima facevo il raffatore, il bocciatore, quello che dà più spettacolo per capirci. Poi dopo l’infortunio ho dovuto ripiegare sull’accosto, ovvero l’altro tipo di lancio, più di precisione, che ha come obiettivo far arrivare la propria boccia il più vicino possibile al boccino: mi riscoprii sontuoso nel gioco a punto, ho vinto, vinto, vinto…Gare, tornei, premi di ogni tipo come pallini e sterline d’oro, giocato ovunque in Italia e spesso anche all’estero, Polonia e Germani soprattutto, ma lì perlopiù partite amatoriali”.
Fenomeno in coppia piuttosto che in terna o individuale – “perché avevo una visuale di gioco molto importante: quando sbagliava il mio socio io c’ero sempre” – Grassini conoscerà i suoi più grandi successi proprio grazie all’accosto, specialità balistica che trova la sua apoteosi nel “biberon”, pittoresco gergo da sciorinare quando la boccia è al massimo a cinque millimetri dal pallino.
“In paese non mi hanno mai considerato una rockstar. Al contrario, quando entravo in una bocciofila, mi sentivo un re: ho sempre rispettato i miei compagni di squadra così come i miei avversari e altrettanto in cambio ho sempre ottenuto rispetto. Allora si giocava sei sere su sette, senza sosta: a certi ritmi è uno sport molto duro, oltre che molto complesso”. Archiviata la lunga parentesi agonistica, prima di iniziare a gestire “La Rinascita”, una ventina e più di anni fa, Grassini visse anche un’originale esperienza da “ambulante delle bocce”. Tradotto: “Vendevo tutti gli attrezzi possibili e immaginabili per giocare a bocce, dalle scarpe alle divise fino alle bocce stesse naturalmente. Per quasi quindici anni, fino alla pensione, i mercati non li ho fatti in piazza ma direttamente nei bocciodromi. Gli affari andavano bene, tutti si fidavano ciecamente: del resto chi meglio di me poteva consigliare i suoi ex colleghi?”. In pista invece è tutt’altra storia: “Purtroppo di bocce non si vive, anche i grandi campioni internazionali, compreso Gianluca Formicone de l’Aquila, il professionista che ad oggi ha vinto più di tutti, sono costretti a fare altri lavori. Ahimè in Italia i grandi sponsor stanno sparendo: qua spopolano i bowling, mentre in America proliferano i bocciodromi, è il colmo! Da noi ormai è difficile vedere dei giovani frequentare le bocciofile, a meno che non abbiano nonni o parenti che gli tramandino la passione. Io, nel mio piccolo, ho avuto un allievo che si chiama Simone Leonini, di Vobarno: ero il suo idolo, abbiamo iniziato a giocare insieme, poi lui ha fatto la sua strada, siamo rimasti molto legati. Qua a La Rinascita, giorno dopo giorno, cerchiamo di invertire la tendenza, senza mollare mai: organizziamo gare importanti, creiamo aggregazione, durante l’estate c’è sempre il pienone, cuciniamo, mangiamo, balliamo, ci divertiamo, talvolta litighiamo ma poi finisce sempre con un abbraccio e un lungo applauso a fine gara. Il gioco delle bocce in fin dei conti è proprio questo: un grande spettacolo”.
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