Editoriale

testo: ELIA ZUPELLI

Ebbrezza, Ardor di vivere lieto!

Ahi quanto vagare ci riporta sulle distorte vie di questo nostro tanto amato Moltobene, numero 4, numero selvaggio, dedicato alle tre “b” che scandiscono i rintocchi d’ogni
leggiadra esistenza: bar, bettole, bocciofile. Luoghi preziosi, sinceri, luoghi
(più unici che) rari. Da custodire, talvolta perfino da accarezzare. E ancor
prima da scovare. Con una lente d’ingrandimento bella affilata.

Perché sperduti e disseminati chissà dove, lungo pianure e strade impervie, discese ardite e
risalite, oppure angoli di periferia, là dove le città si dimenticano di essere città. Brescia
o Bergamo, poco importa. Così diverse e così simili in questo loro dna popolare radicale
rimasto come sommerso e criogenizzato, sospeso nel febbrile incedere della contemporaneità e dei suoi ritmi frenetici, schermati da monitor, display, delivery, appendici
digitali, ansie e paranoie, Tik Tok e Kit Kat. Riscoprirlo fa un effetto destabilizzante:
è lentezza inattesa. Calore umano che s’irradia nelle vene e si diffonde agli altri, spesso
senza chiedere nulla in cambio, se non una chiacchiera fugace o un giro alla petanque
in dolce compagnia. Così son le osterie d’oggi o al più ciò che ne resta: avamposti di
analogica resistenza, porti di mare dove ancora passa l’infinito, sotto forma di tutte le
creature della vita, senza età, senza apparente provenienza, ognuno con la sua storia,
ognuno col suo viaggio, fatto di sogni e sogni infranti, amori e disamori.

E poi calici, calici, calici. Parole, parole, parole. Altre botte di vita, altre storie, altri sguardi. Entrano cani festosi, che nessuno sa di chi sono. Dentro e fuori s’affollano anime fragili, il mattino e pure di notte, a tutte le ore. Alla ricerca di un modo per rendersi migliori, spesso
fallendo e poi ricominciando, perché ciò che conta è quello che si respira durante.
Santa Pazienza (quanto ci manchi) diceva in un’intervista: “C’è molta fame di tutto, c’è
molta fame di cose vere…di cose…non dico importanti, ma sentite, particolari, di quelle
che restano un po’ dentro”. E pare proprio di sentirlo qui, ora, nell’angolo più ribaldo
di questi luoghi sfuggenti dove il tempo s’è fermato e i minuti gocciolano a passo di
lumaca. Cautamente. Senza fretta. Luoghi, appunto, che restano un po’ dentro. E allora
ancora una volta, cari marinai, vi invitiamo a seguirci nell’intrepido viaggio che salpa
appena più in là voltata pagina, per entrarci dentro e inalarli a pieni polmoni assieme
alla “brigade terrible” di Moltobene. Mai come in questo caso “quadrimestrale di compagnia”. E convivialità. Elettrica, magnetica, galattica. Dolente, esaltante, irrequieta.
Pure un po’ nostalgica.

Mon Dieu. 

Sorseggiando vino, sputando, saltando, correndo…
così si vive! E proprio come il buon vino che non invecchia mai pare calzare a pennello
quel diavolo d’un Tondelli d’annata millesimata-libertina fine Settanta o giù di lì a dare
il benvenuto e insieme l’arrivederci, con forse il meglio di sempre mai scritto sul tema.
Dalla via Emilia a Capitale della cultura, da ieri a oggi che tanto dentro qua rifugiati
nulla cambia: “Quei tre-quattro vecchietti rimasti lì a ridere e piangere fra i loro bicchierozzi perché la giovinezza non c’è più e questa sì che è disperazione quando ti senti
proprio uno scartino che sei lì solo per morire.

Ma il trip li prende anche loro e si mettono a cantare e vociare e ballare incerti sulle gambe e offrono toscani e comuni avanti e indietro, proprio a tutti, ed è come offrissero un tesoro. Non ci sono vecchi come ancora in molte osterie della bassa Reggio che li vedi coi loro toscani sempre pronti a ricordare e canticchiare.

Se ne stanno scomparendo anche loro insieme ai prezzi bassi, alle tovaglie di plastica, ai muri scrostati e caliginosi. Restano in pochi qua e là e quando li si incontra è un indefinibile trapasso di esperienza che capita, un attimo di comunicazione, quella vera, persino ardente e si rimane poi lì tutta la notte a menarsela su e giù degli anni, avanti e indietro nel tempo in una bella confusione che però è la storia vera e anche storia nostra”.

PRENDETE E BEVETENE TUTTI.