Il senso di Mariano per l'acqua

testo: ELIA ZUPELLI
Fotografie: GIULIA MARTINELLI

“Dona la vita ma porta anche distruzione: una doppia faccia che oggi purtroppo ci troviamo a dover osservare da vicino sempre più spesso”. Dicotomie in gocce, equilibrio di opposti che s’attraggono e talvolta collimano, generando moti interiori e quindi ripercussioni che attraversano strati multiformi del nostro esistere. Dalla politica alla società, dall’economia alle identità culturali, passando per esperienze mistiche e avventurose: il senso di Mariano Mazzacani per l’acqua è qualcosa che trascende i confini del reale per spingersi in dimensioni “altre”, laddove il tema non viene banalizzato con vaneggiamenti retorici, semmai affrontato da punti di vista diversi e non omologati. Ora fra loro complementari, ora in attrito irriducibile. Un istinto viscerale, il suo, filtrato da meticolosità e lucida ragione; un metodo d’osservazione supportato da fatti, dati, numeri e situazioni: “L’acqua arriva da lontano, è stata trasportata sulla Terra in miliardi di anni da planetesimi che originano dalla Nube di Oort, l’incubatrice delle comete.

La Terra stessa per due terzi è ricoperta d’acqua, il liquido primigenio. Noi come individui nasciamo dal liquido materno e la vita in generale è nata nell’acqua, non a caso utilizzata oggi per calcolare l’indice di sviluppo di un popolo”. Ecco perché, ribadisce Mazzacani, attivo anche come portavoce del comitato referendario Acqua Pubblica, “due terzi del nostro corpo è fatto di acqua e senza non potremmo vivere. L’acqua è quindi un diritto umano. In tutti i sensi”. Per riflesso lo snodo cruciale è il seguente: “La richiesta di acqua, però, continua e continuerà ad aumentare, e questo ovviamente è un problema. Faccio un esempio emblematico. In Asia vive il 60% della popolazione mondiale, che ha a disposizione il 36% delle risorse idriche…Controllare l’acqua ha una ricaduta politica e sociale ed è per questo che dovremmo interrogarci a fondo su come andrebbe gestita, sicuramente con accordi transnazionali, che in alcuni casi funzionano. Penso all’acqua del Danubio.

Attivista, esperto, appassionato, cultore della materia, Mazzacani e il suo istinto viscerale trascendono i
confini del reale
per spingersi in dimensioni “altre”.

Dalla politica alla società, dall’economia alle identità culturali, passando per esperienze mistiche e avventurose, rituali e tribali, tutto scorre e l’acqua è sempre protagonista. Portatrice di vita ma anche di distruzione.

Parlare d’acqua – prosegue Mazzacani – vuol dire dunque parlare di un diritto umano universale, qual è tra l’altro dal 2010 (ci sono voluti più di cinquant’anni!). L’ acqua è anche un bene comune e come tale non deve essere soggetto ad esclusività e non si dovrebbe entrare in conflitto per essa. Eppure, tanto la storia quanto l’attualità, dalle dispute dei Sumeri nella mezzaluna fertile al conflitto fra Israele e Palestina passando per la guerra dei sei giorni sul Giordano, invece dimostrano il contrario. Ed è paradossale, se si pensa che l’acqua è appunto la sostanza che genera la vita, presente nelle più svariate culture mondiali anche come elemento rituale-tribale-antropologico, dal battesimo all’acquasanta”. C’è di più: “L’ONU afferma che per una vita dignitosa servono 50 litri di acqua al giorno a persona.

In Italia superiamo abbondantemente i 200 litri di acqua al giorno, basti pensare che per una doccia se ne consumano dai 70 ai 100. Ogni giorno per la mancanza di acqua muoiono 4900 bambini, 1,8 milioni all’anno. E’ chiaro dunque che questa risorsa così preziosa e così complessa andrebbe gestita da enti pubblici senza finalità di lucro. Mai come oggi, che siamo di fronte a dei cambiamenti climatici epocali, per cui contiamo danni in Italia per un miliardo e 300milioni di euro legati alla siccità, il tema appare una criticità assoluta: se non ci impegniamo da subito a lavorare in questa direzione, con uno scatto culturale e di sensibilità che deve partire prima di tutto dal singolo individuo, ma che deve coinvolgere anche i decisori politici, entro pochissimi anni potremmo arrivare addirittura a superare i 5miliardi. Cifre inquietanti dal punto di vista economico naturalmente, ma anche e soprattutto inquietanti per il futuro nostro e dei nostri figli”.