Il Filo Rosso che risale l'Adda

testo: CORINNE VIDARI

“Nella guerra d’amor vince chi fugge, insieme a chi aspetta.”
Un assioma opinabile al tempo della doppia spunta blu, talvolta scandito da legami
fatiscenti e relazioni fuggevoli, meno per gli scambi epistolari avvenuti tra Francesco e
Tarcisia dopo la Seconda Guerra Mondiale, dove l’attesa esprime un fortissimo desiderio
d’Amore.
Un filo rosso si aggomitola incalzante tra i reparti dello stabilimento tessile di Crespi
d’Adda, dove i due giovani bergamaschi trovano impiego nel lontano dopoguerra.
La fabbrica inaugura la propria attività nel 1878 e si compone di quattro corpi centrali che
corrispondono alle fasi di lavorazione del cotone, dalla filatura ai reparti complementari
proseguendo con la tessitura e la tintoria.
Francesco, classe 1916, viene assunto in pianta stabile nel capannone di tessitura, mentre
Tarcisia, all’età di ventidue anni, trova occupazione nel comparto precedente, quello di
filatura. Allo sfibrante turno lavorativo segue lo svago del dopolavoro pensato per
consolidare le relazioni tramite svariate attività, quelle cinematografiche tra le preferite di
Francesco e Tarcisia che incrociano per la prima volta i loro sguardi in una calda sera
d’estate del 1946.
Una storia d’amore scalfita da chilometri in Graziella per potersi concedere una carezza
lontana da occhi indiscreti, Francesco e Tarcisia trovano il perfetto locus amoenus lungo le
sponde del fiume Adda.

Nel Settembre del 1951 lo stesso inchiostro che sigla l’assunzione in fabbrica dei due
giovani fidanzati sancisce il loro amore eterno e ci accorgiamo come nell’autenticità dei
gesti d’altro tempo, dall’impugnare un pennino a calamaio ad intrecciare il filato a
formare una maglia, si nascondano la meraviglia della scrittura e della manifattura, oramai
sconsolatamente in disuso sebbene, a distanza di generazioni e con i mezzi a nostra
disposizione, vengano nubilosamente riproposti sotto forma d’intenti tramandati.
La memoria del passato eleva il pensiero e nobilita l’animo che ignari, s’annodano all’avo
trascorso così come la trama fa con l’ordito in un intreccio a navetta diagonale, una
struttura peculiare della tessitura che garantisce riparo dalle intemperie ed una
perseveranza, giust’appunto, d’altri tempi. Srotolando educatamente il gomitolo rosso
che lega Francesco e Tarcisia risaliamo la corrente di un fiume traboccante d’archivio,
tutt’oggi emblema dell’antico Villaggio Operaio di Crespi d’Adda, valorizzando non
soltanto l’avvincente disposizione architettonica, unica nel suo genere, ma immettendo
quel quid nostalgico e famigliare che emoziona e responsabilizza.

Pensiamo a quanto possa essere privilegiante prestarsi all’opera viva di un ricordo
sfocato, in perfetta simbiosi con la naturalezza dell’acqua che scroscia nel letto del fiume.
Fuor di metafora, colui che valorizzando il luogo continua a tessere la memoria collettiva.
Ad accrescere l’interesse contemporaneo contribuisce la vastissima reperibilità d’archivio
che permette di riesumare, come in questo storia, opachi tasselli dal vivido vissuto
radicati nelle ambizioni dell’oggi, inconsapevolmente, trasmesse dai nostri predecessori.
Tarcisia è loquace, amante della paziente tessitura. Nel tempo libero confeziona morbidi
cappellini in maglia per il figlio Stefano, rigorosamente di color borgogna, mentre
Francesco, per gli amici “ Il Franco”, si divide tra lavoro e famiglia con estrema dedizione,
confeziona grembiuli per la piccola Fiorenza ma la sua più grande passione è la scrittura.
In particolare ama la delicatezza della penna ad inchiostro a lasciare una traccia indelebile
sulla carta, l’asso nella manica con il quale conquista il cuore della signorina Castelli.
Se Francesco e Tarcisia fossero ancora abbracciati lungo le sponde del fiume Adda,
attorcigliati da quel filo rosso Amore mi avvicinerei, in punta di piedi, per sentirli ridere.

Vostra nipote.