testo: ELIA ZUPELLI
Fotografie: DAVIDE SARTORI, LUCA MULATTI
Scriveva Paul De Museet, viaggiatore francese, a metà dell’Ottocento: “Le larghe vie e le numerose fontane le donano un’aria da grande città. L’acqua zampilla nelle piazze e circola nelle case private quasi abbondantemente come a Roma”. Non a caso ci fu un tempo in cui la Leonessa arrivò ad essere la seconda città, dopo Roma appunto, con il più alto numero di fontane, pubbliche e private, facendole guadagnare l’appellativo di “città delle mille fontane”. Ogni abitazione ne aveva una, così come ogni piazza. Alimentate dalle acque sorgive della Valgobbia e dei Ronchi, oltre a essere un elemento decorativo avevano l’importante compito di fornire l’acqua alla popolazione. Basti ricordare che in città, fino alla metà del Novecento, molte erano le abitazioni che non fruivano di acqua corrente interna. In una mappa prodotta da Vincenzo Coronelli, datata 1699, si evince che a Brescia esistessero ben 64 fontane pubbliche. Duecento anni dopo, un documento del Comune sostiene che nel 1904 le fontane pubbliche a Brescia fossero 71, mentre quelle private 1140. Queste ultime, scolpite in temi e soggetti particolarmente immaginifici: mostri marini, sirene, statue di Nettuno, delfini attorcigliati ranocchi impertinenti, guerrieri antichi, anfore dalla grazia civettuola. Ebbene. Nonostante gran parte di queste opere siano andate distrutte e i numerosi canali siano stati coperti, Brescia continua a essere una città d’acqua. E proprio all’acqua – l’oro blu, il bene comune necessario per la nascita della vita – deve molta della sua fortuna. Vivide testimonianze di ciò, sopravvissute al logorìo dei tempi, sono proprio le “fontane segrete” che ancora oggi ribollono più o meno sommessamente, più o meno sfuggenti, nel cuore del centro storico. Puntualmente, evocativamente sottolineate all’angolo di ogni strada da Lara Contavalli, guida turistica non convenzionale e spirito guida di Oltre il Tondino, progetto animato “dalla curiosità di guardare le cose spostando lo sguardo da un diverso punto di vista, dal desiderio di comprenderle in profondità, dallo stupore di ri-scoprirle nel quotidiano: la scommessa su un grande patrimonio artistico e culturale che chiede solo di essere raccontato”.
Sorgenti miracolose, zampilli taumaturgici, acquedotti nascosti, strenue battaglie: dall’epoca romana fino al medioevo, l’acqua è onnipresente nella storia della città. Oltre il tondino nella “mistica delle fontane”: sotterranee, sfuggenti, con accenti simbolici e (insospettabili) poteri prodigiosi “rendono visibile l’invisibile”
Meglio se sotterraneo, underground, non solo in senso letterale ma anche metaforico: l’itinerario dunque trascende le pur meravigliose fontane di Piazza Vittoria (realizzata nel 1932 a completamento del progetto urbanistico di Marcello Piacentini), Piazza Vescovado (dalla forma quadrilobata, nella prima metà del Settecento in stile neoclassico), di Piazza Duomo (davanti al Broletto e al Duomo vecchio), Piazza Arnaldo (le due “gemelle” addossate al Mercato dei Grani) e Piazza Tebaldo Brusato (realizzata dal lapicida Domenico Palazzi), per svelare una miriade di altre chicche disseminate in vicoli e vicoletti, da via Musei al Carmine passando per vicolo Fontanone (nomen omen), con le loro tracce artistiche e acquatiche. “Davano la vita, modificavano i nostri stili di vita…Le fontane dall’epoca dei comuni, riccamente decorate diventano simboli di prestigio, ma hanno sempre svolto funzioni pratiche: erano bocche pubbliche di erogazione d’acqua, importanti luoghi di aggregazione sociale, il controllo dell’acqua era gestito negli statuti della città. Brescia è una città ricca d’acqua, di fiumi e canali, che sono stati determinanti per le sue origini, la sua conformazione urbana, la sua storia economico-sociale e quindi culturale”. Passeggiando, ascoltando, osservando questo feeling si percepisce magnetico: nello specifico, il percorso in questione si chiama “Groundwater – Acque sotterranee, rendere visibile l’invisibile”. E come suggerisce emblematicamente e al contempo pure un po’ enigmaticamente il nome stesso, apre intriganti spiragli sull’onirico: “La storia tramanda che l’acqua irrorata da alcune di queste fontane avesse poteri miracolosi ed effetti taumaturgici” svela Lara mentre scarpina rapida tra l’ombra e il sole rovente di metà pomeriggio. “Naturalmente non ho prove inconfutabili che oggi possano accertare le effettive doti mirabolanti dell’acqua bresciana, ma nel dubbio fate come me: provate a berne un sorso!”.
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