testo: ELIA ZUPELLI
Fotografie: STEFANO CUCCHIARA, CRISTINA BERTAGNA, ELISA CARRETTA, LETIZIA BAROZZI,
MARTINA BERLUCCHI, SOFIA TENCHENI, SWAMI COLUCCELLI
Inchiostri su carta per Massimo in quattro colori”. Firmato: Daniel Buren, novembre 2021. Ritorno al futuro in policromìa, un oggetto d’arte analogico-concettuale fin dalla prima manifestazione esteriore. Azzurro, fucsia, arancione, verde menta: la copertina – con variazioni sul tema pubblicate in quattro versioni e altrettanti colori a caratterizzare livree verticali dal sapore minimalista – è stata disegnata appunto dall’artista francese, uno dei suoi maestri. Quindi, appena prima di varcare la soglia d’ingresso, oltre la quale tutto vale, anche e soprattutto esagerare, sul fondo bianco assenza si staglia una citazione di Gottfried Benn, benvenuto o monito a seconda dei punti di vista da cui la si osserva: «Le opere d’arte sono apparizioni, prive di efficacia storica e di conseguenze pratiche. Questa è la loro grandezza».
Lasciate ogni speranza voi ch’entrate: 400 pagine, fotografie solo evocate (da Luigi Ghirri a Letizia Battaglia, «svelta, delicata, tranchant…un essere umano incazzato di vivere in un mondo così sporco»), «Scritti» è il titolo del nuovo libro di Massimo Minini (Silvana editoriale), «zibaldone minore in cui ho ficcato tutto e il contrario di tutto». Fra cui pensieri, parole, opere e omissioni, lettere, articoli, riflessioni, note e aneddoti personali sulla storia dell’arte e i suoi protagonisti, che sbocciano come un fiore sull’asfalto di quest’annus horribilis 2022, a quasi dieci di distanza dal volume pubblicato in occasione dei «Quarant’anni» dell’omonima galleria «nata nell’ottobre del 1973 da un’improvvisa e inattesa decisione mia e del mio amico Enrico Pedrotti». Là dove invece archiviava «pagine di foto, lettere, insulti, documenti, fatture: una lunga storia». Parlando senza filtro della naturale predisposizione a «un mestiere molto particolare che ci concede, ogni tanto, il piacere di trovarci là dove nascono le idee. Scoprire talenti è un piacere, una scommessa, un azzardo, una lotteria, un dovere, un bisogno, un sogno, un atto di coraggio, una promessa».
“SCRITTI”, il nuovo volume del celebre gallerista bresciano, raccoglie pensieri, parole, aneddoti, opere e omissioni sulla storia dell’arte e vizi e virtù dei suoi protagonisti.
Argonauti sprovveduti, passiamo con disinvoltura dalla storia del Carmine alla storia dell’arte. Siamo ora al cospetto di Massimo Minini, nella sua galleria. Lui è lì: da 50 anni cammina nell’arte, oggi con le sue rotelle.
Fieramente mantenuta fino a oggi, da «gallerista atipico, uomo colto, curioso e comunicativo», punto di riferimento imprescindibile per il sistema dell’arte italiano e non solo, nel frangente esplicitata in apertura, non senza sagace autoironia, tra modelli situazionisti di autointervista («dove l’autore finge domande cattive per darsi modo di rispondere») e «Stardust memories», citando graziosamente Woody Allen, «perché se metto i racconti più curiosi all’inizio il lettore forse continua». Prima, durante e dopo, un mondo. In frammenti e micro pillole: architettura e architettori, muse e musei, pizzini sulla critica e lunghi interventi critici; e ancora in ordine sparso dal maxi archivio: i colleghi galleristi – «amici, pochi, mi perdoneranno gli altri» – scritti per Flash Art e discorsi per Fondazione Brescia Musei dai tempi che furono e che fiere, sgarbisti e scambisti fino alle lettere «dal carcere» scritte durante la prima pandemia per evadere.
Poi, naturalmente, loro, i totemici dell’arte contemporanea. Infiniti nomi e linguaggi tratteggiati in infiniti modi: Kapoor, Kiefer, Beercroft, Lewitt, Richter, Paolini, Griffa, Merz, Cattelan, Vezzoli, Halley, i mitici della Transvanguardia, Acconci, lo stesso Buren e una valanga d’altri, tra incontri, ravvicinati o immaginati, corrispondenze ed esperienze (extracorporee).«Questo libro tenta di mettere disordine in tutto quest’ordine. Ordine dunque e disordine che fonda un nuovo ordine e così via. Ci sono argomenti seri trattati con leggerezza e il contrario, come in una doccia scozzese. Sono riuscito a trovare quasi tutti i testi che volevo salvare dall’oblio e li ho messi in ordine (o in disordine?). Ho molto citato, e continuo a farlo, Alighiero ma anche Boetti, nel tentativo di far sopravvivere una seppur pallida memoria indiretta di alcuni avvenimenti della mia vita che possono aver incrociato destini più alti». Per arrivare in fondo alla storia, postfazione compresa, e scoprire fra mostri e normali, fra saluti e baci, fra varie ed eventuali, chi è l’assassino. «Sì, lo ammetto: sono io. Massimo Minini».
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