testo: ELIA ZUPELLI
fotografie: GIULIA MARTINELLI, SUSAN PERANI
“La cosa più bella della nostra storia è che tutto è iniziato per caso…”. Una storia secolare, fatta di impegno passione tradizione ed evoluzione, che negli anni ha affascinato personaggi illustri, italiani e internazionali: da premi Nobel come John Nash a divi di Hollywood e di Cinecittà come Charlton Heston e Ugo Tognazzi, passando per poeti, letterati, sportivi e cantanti, che l’hanno trasformato in un crocevia culturale multiforme, tappa imprescindibile per chi passa da Bergamo. Fra i “Locali Storici d’Italia”, Il Caffè del Tasso nacque prima della scoperta dell’America come “Locanda delle due spade” (1476), perché in Piazza Vecchia si facevano i duelli, diventerà Torquato Tasso Caffè e Bottiglieria nel 1681, quando Bergamo colloca proprio a fianco del locale la statua di Torquato Tasso, il celebre poeta, discendente della nobile famiglia della Val Brembana, autore della “Gerusalemme liberata”. Il Caffè del Tasso è una certezza: i secoli passano, gli stili cambiano ma lui resta e da qui passa la storia, al punto che nemmeno la cannonata austriaca che lo centrò nel 1849 riuscì a interromperne l’epopea di bellezza e buon gusto. Sedersi a uno dei tavolini significa viaggiare con la fantasia nel tempo e nello spazio.
Finita la tempesta, tocchiamo le beneauguranti palle del Colleoni e ci asciughiamo al Caffè del Tasso, che è il primo ad aprire e che ci coccola con le sue colazioni.
Se volete conoscere la storia di Bergamo, cominciate la vostra visita da qui: tra colazioni, aperitivi, pranzi e cene, materie prime locali provenienti dai presidi Slowfood e vini da mille e una notte, Marcello Menalli il fratello Massimo, gestori del “Caffè del Tasso”, portano avanti una tradizione di famiglia che spalanca le porte su un mondo fatto di aneddoti racchiusi in fotografie appese con orgoglio alle pareti e di messaggi lasciati sulle pagine di un libro considerato un tesoro: da Ricky Tognazzi, che ringraziò il “Caffè del Tasso” per avergli permesso di calpestare le orme del padre (nel 1970 Ugo Tognazzi era stato lì per le riprese di “Cuori solitari”) al già citato John Nash, il quale si mise a dormire su una delle poltrone del bar attirandosi il disappunto di Marcello, che per svegliarlo fece partire il rumoroso macinino da caffè (“Non l’avevo mica riconosciuto”); da Francesco Nuti, che scrisse “Grazie per la fiducia” dopo aver pagato delle grappe con un assegno a Dennis Hopper, che pur di sostare al “Tasso” attese che si liberasse un tavolo per ben quindici minuti; dal ministro Tria, che affermò di aver bevuto il caffè più buono di Bergamo a Charlton Heston, che rimase nel locale fino a tardi, sciorinando episodi che non aveva condiviso nemmeno con i giornali. Il gradino in pietra dell’ingresso, fanno orgogliosamente notare i fratelli Menalli, è consumato da tutti i passi che l’hanno calpestato durante gli anni: “Sono queste le storie che bisogna raccontare…Le storie delle persone che qui ci hanno lasciato un pezzettino di sé. Anche se ci sono arrivate per caso”.
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